Gucci. Un impero del lusso made in Italy.

Gucci. Un impero del lusso made in Italy

Gucci. Un impero del lusso made in Italy

Gucci. Un impero del lusso made in Italy.

Gucci. Un impero del lusso made in Italy. Recensione a cura di Ilaria Solazzo, giornalista pubblicista.

Lo scrittore Marcello Albanesi ha realizzato per Diarkos un bellissimo libro intitolato Gucci – un impero del lusso Made in Italy, dedicato alla famiglia della moda.

Gucci. Un impero del lusso made in Italy. Il volume non ricostruisce semplicemente la storia della maison e la saga familiare ma indaga soprattutto il mondo complesso del fashion, le trasformazioni del made in Italy, il concetto di alta moda e le dinamiche che vi sono alla base.

Albanesi racconta gli splendori e le vicissitudini di uno dei marchi italiani più famosi a livello globale.

Circa 330 pagine di storia del costume italiano e non solo.

“Il termine moda, rispetto all’ abbigliamento, si riferisce a un concetto effimero e aleatorio legato al gusto e al capriccio del momento e che per questo è perennemente mutevole.

La moda oggi è sempre più frenetica e volatile proprio perché proiettata in una costante e sfiancate ricerca del nuovo.” In queste parole il pensiero dell’autore sul materiale di cui ci parla nella sua opera.

Se il mondo della moda vi affascina, se siete curiosi di scoprire i fattori determinanti che portano un brand al successo mondiale, se avete sete di informazioni storiche e culturali e volete scoprire le dinamiche che si celano dietro l’ ascesa e il declino di un impero come quello creato da Gucci allora questo è il libro giusto.

La storia raccontata da Albanesi ripercorre le vicende della famiglia e del marchio, approfondisce in modo minuzioso le intuizioni di Guccio Gucci, le prime botteghe fiorentine, il successo italiano, americano e poi mondiale, seguendo il flusso degli eventi.

Ma non solo: con un occhio attento tra le righe, in secondo piano, si celano una società patriarcale, forti contraddizioni e il lettore è portato a riflettere sulla dualità umana, che a volte crea e a volte distrugge.

Si parte dalla luce dei paesaggi toscani, dal Comune di Signa, presso il quale, a cavallo dell’Unità d’Italia numerose famiglie erano impiegate nella fiorente economia dell’intreccio dei cappelli di paglia.

È in un contesto arretrato, per lo più analfabeta, che Gabriello padre di Guccio Gucci, vero fondatore del marchio, partecipa con la sua bottega alla creazione di manufatti in paglia nel paese.

Albanesi ha voluto anche mettere in evidenza come i tempi alla fine dell’Ottocento scorressero veloci e che l’avvento dell’ industrializzazione capitalista finì per sbarrare le porte delle attività artigianali, travolgendole come uno tsunami.

Tra il 1891 e il 1911 i mari vennero solcati da migliaia di persone in cerca di un destino migliore verso paesi esteri.

A tal proposito, lo scrittore ci racconta come – mosso da un senso di rivalsa in seguito alla chiusura delle attività del padre – anche Guccio Gucci insieme a un flusso ininterrotto di donne e bambini e uomini si imbarcò verso il sogno londinese.

Un poco come i cappelli che un tempo venivano esportati in Europa in America.

L’allora sedicenne Guccio si ritrovò nel quartiere di Westminster dove si rimboccò le maniche e inizia a svolgere umili lavori presso Grand Hotel.

Intanto si dedicò a catturare e imprimere nella memoria, come un flash fotografico, monogrammi, fodere e cinghie dei bauli e delle cappelliere delle personalità più alla moda della Belle Époque.

Dopo aver assorbito il più possibile, come una spugna, Guccio decise poi di fare rientro in Italia; dopo anni e anni di esperienza in un’azienda di bauli decise di tuffarsi a capofitto nell’imprenditoria italiana.

Dal 1921 – anno di apertura a Firenze della valigeria Gucci – il suo percorso fu inarrestabile.

Il marchio Gucci – tra gli anni quaranta e cinquanta – era amato dalle più grandi star hollywoodiane e italiane: basti ricordare i nomi di Anna Magnani e Liz Taylor.

Loro, come le rispettive colleghe, impazzivano per i prodotti Gucci considerati uno status symbol. Nonostante varie vicissitudini e parecchie difficoltà, l’azienda riuscì sempre a restare a galla ed espandersi costruendo una rete dei negozi nelle città più importanti del mondo.

 Dopo gli anni di grande successo nell’epoca della Dolce Vita, durante gli anni ‘80, la famiglia Gucci ha ceduto progressivamente le quote dell’azienda, che nel ‘99 è stata acquisita dal gruppo francese Pinault-Printemps-Redoute, oggi Kering.

Un libro di moda che parla di moda ma soprattutto di vita vera. Perché – da appassionata di questo argomento poi affermo con assoluta certezza – posso testimoniare come le due cose siano inscindibili, due facce della stessa medaglia.

Questo volume non ci racconta solo la storia di un marchio – per quanto importante esso sia – ma ci fa entrare nei meandri più nascosti di una realtà a cui spesso si finisce per guardare solo con superficialità.

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